Grembo Racconti di latte

Grembo: “Allattamento non è solo nutrizione” con Benedetta Bellotti

Vi do il benvenuto su Grembo, racconti di latte (ep. 33)

Ciao, io sono Anna Acquistapace e vi do il benvenuto su Grembo, racconti di latte – una serie speciale di episodi dedicati all'allattamento.

Si dice spesso che l'allattamento sia la cosa più naturale del mondo e, in effetti, il latte materno è un nutrimento straordinario: sempre pronto. alla giusta temperatura, sostenibile, e fatto su misura per il nostro bambino o la nostra bambina.

Nella nostra cultura abbiamo davanti agli occhi immagini di allattamento fin dall'antico Egitto, quando la dea Iside veniva raffigurata mentre nutriva il figlio Horus. Eppure allattare non è affatto scontato.

Naturale non significa sempre facile.

Avviare un allattamento sereno può essere una sfida. Ci sono ostacoli, dubbi, momenti di fatica, ma come in ogni passaggio delicato della vita, ciò che fa la differenza è il sostegno che riceviamo, quello che ci aiuta a trovare una posizione più comoda, uno spazio sicuro, una parola gentile.

Per questo vogliamo raccontarvi le storie di latte. Ascolteremo voci di mamme che condivideranno la loro esperienza con tutte le sfumature che portano con sé. Lo faremo insieme ad un'ostetrica e consulente dell'allattamento, Arianna Ciucci, che ci offrirà la sua prospettiva di esperta. Arianna è anche autrice del libro “La buona nascita”, edito da San Paolo, e lavora nell'associazione Gepo.

Certo, Iside era una dea, ma anche noi non siamo da meno. Avere accanto qualcuno che ci accompagna, ci ascolta e ci informa può davvero fare la differenza per vivere questa esperienza in modo più consapevole e soprattutto più nostro. Buon ascolto!

Se volete sostenere questo progetto, iscrivetevi al canale, lasciate le vostre recensioni e condividete gli episodi con le persone a cui volete bene.

“Grembo, racconti di latte”, supported by Inglesina

Prima di lasciarvi all'ascolto di questo episodio, vorrei dedicare un momento a parlare del brand che ha reso possibile questa produzione, Inglesina.

C'è qualcosa di profondamente misterioso nel momento in cui un bambino arriva al mondo. È la vita che si rivela in uno sguardo nuovo che incontra il nostro per la prima volta. Quello sguardo è prezioso e nasconde un'emozione che ci fa sentire parte di qualcosa di più grande.

Quello sguardo lo conosce bene Inglesina, che dal 1963 accompagna le famiglie in questa trasformazione. Ogni prodotto che crea nasce dall'attenzione, dallo studio, dalla comprensione profonda dei bisogni di chi nasce e di chi accoglie, perché Inglesina sa quanto sia importante il benessere dei più piccoli e avere gli strumenti giusti per affrontare questo viaggio con consapevolezza, sicurezza e fiducia.

Credo fermamente, come Inglesina, che prendersi cura dei più piccoli significhi prendersi cura del futuro. Sosteniamo le mamme, i papà, le famiglie, perché ogni bambino che nasce porta con sé lo spettacolo della vita. 

E ora lasciamoci sorprendere dalle storie di Grembo. Buon ascolto!

Introduzione

«Allattamento non è solo nutrizione» è il titolo che ho scelto per questo episodio, in cui ho incontrato Benedetta Bellotti – detta Benni – per ascoltare e condividere la sua storia di latte. Insieme abbiamo ripercorso le sue due esperienze di nascita e di allattamento: diverse, sorprendenti e profondamente trasformative, come le ha descritte lei stessa.

La storia di Benni comincia con una gravidanza tanto desiderata quanto cercata. Lei la racconta con una voce dolce, ma dietro quella dolcezza c’è una forza incredibile: Benni è determinata, e non si è lasciata fermare da chi le diceva che il suo corpo – “troppo esile con un seno troppo piccolo” – non sarebbe stato “adatto” ad allattare. Con tenacia ha attraversato difficoltà e dolori, scegliendo di proseguire, con il giusto accompagnamento e di vivere fino in fondo questa esperienza.

Avete mai sentito qualcuno dire «Non avevo latte, per questo non ho allattato»? Con l’ostetrica Arianna Ciucci abbiamo scoperto insieme un dato importante: solo il 3% delle donne è nella condizione di non produrre latte o di non produrlo a sufficienza

Questo ci mostra quanto sia cruciale la cultura che circonda l’allattamento, e quanto ancora sia necessario smontare miti e pregiudizi ereditati da un’epoca in cui il latte in formula era considerato l’unica strada possibile.

La storia di Benni però non parla solo di nutrimento, ma anche di cura. Non soltanto verso i suoi due bambini, ma anche verso altri piccoli, grazie alla donazione del suo latte alla Banca del latte

L’immagine del latte come un filo che unisce non solo madre e figlio, ma anche famiglie diverse, ci restituisce l’idea di una comunità che ci sostiene, che nutre e che cresce insieme. 

E se pensiamo a quel famoso villaggio che serve per crescere un bambino, direi che questo è un bellissimo punto di partenza.

Intervista a Benedetta Bellotti

[Anna] – Ciao Benni!

[Benedetta] – Ciao Anna!

[Anna] – Anzi, posso chiamarti Benni o è già troppo…?

[Benedetta] – Sì, sì. No, va bene. Mi chiamano i bambini, quindi loro legittimano.

[Anna] – Ok, perfetto. Benni che tra l'altro sui social ti troviamo come maestra_benni

[Benedetta] – Esatto.

[Anna] – Benvenuta al microfono di Grembo

[Benedetta] – Grazie, sono molto emozionata perché sono passate qui tante mie amiche e quindi parlare oggi di questa cosa che, tra l'altro, non avrei mai pensato di trovarmi qui con voi.

[Anna] – Esatto. Perché abbiamo fatto la sorpresa che c'è anche un’ospite in più, Arianna Ciucci. Perché oggi parleremo di allattamento e quindi mi sono fatta affiancare da una professionista che ci darà anche la sua prospettiva. E quindi, per cominciare, come d'abitudine, ti chiedo di presentarti, dirmi chi sei, quanti anni hai, dove vivi, di cosa ti occupi e da chi è composta la tua famiglia.

[Benedetta] – Allora, io sono Benedetta Bellotti, sono una maestra, una pedagogista e da dieci anni circa una formatrice. La mia professione principale è quella di maestra. Poi nell'ultimo tempo è stata ridotta perché adesso lavoro anche tanto online, lavoro sui social e organizzo questi corsi di formazione per insegnanti, ma anche appunto educatori, pedagogisti, di avvicinamento alla lettura e quindi dagli zero, diciamo, ai dieci anni su diverse tematiche, e poi collaboro con tante case editrici. Quello che prima era il mio lavoro principale da maestra si vede sdoppiato, diciamo, con quest'altra grande mia passione che comunque i social mi hanno permesso di approfondire. 

[Benedetta] – La mia famiglia è composta da mio marito, Giulio, che ha un anno in più di me, e poi Giorgio e Camilla. Io ho 36 anni, lui ne ha 37 e poi Camilla ne ha 3 e Giorgio ne ha 1.

[Anna] – E vivete? 

[Benedetta] – E viviamo a Milano.

[Anna] – A Milano dove siamo.

[Benedetta] – A nord di Milano, esatto.

[Arianna] – Abiti a nord di Milano come me, perché ci siamo ritrovate.

[Anna] – Delle vicine di casa quindi!

[Arianna] – Molto di più che vicine di casa! Maestre in comune…

[Benedetta] – Io ho scoperto che le sue figlie hanno avuto delle maestre che sono state mie colleghe. 

[Anna] – Fantastico, carrambata Milano!

[Benedetta] – Scambiandoci due messaggi mi ha detto: «ma la maestra…», «Sì, è lei».

Tra gioia e fatica: le gravidanze di Benedetta

[Anna] – Benissimo. Benni, ti andrebbe di raccontarmi come è iniziato il tuo percorso verso la maternità?

[Benedetta] – Sì, allora è stato un percorso, diciamo, abbastanza rocambolesco, per così dire, perché io e Giulio abbiamo desiderato praticamente fin da subito bambini e anche se ai tempi eravamo anche abbastanza giovani, eh, però i bambini non sono arrivati subito. Subito, un po', ci siamo scontrati col fatto che appunto volere non è potere, soprattutto con i figli, perché sai, per alcuni amici sembra automatico e invece per noi non è stato così. E diciamo che c'è stata una lunga attesa, eh per cinque anni, quando io pensavo di aver perso un po' tutte le speranze perché avevo diversi problemi, l’ovaio policistico, cioè non c'era proprio una… Nessuno ci ha mai dato una definizione per cui eravamo o non eravamo fertili, però comunque i bambini non arrivavano e io un po' mi ero messa il cuore in pace, che quella lì non sarebbe stata la mia strada. 

Comunque i bambini facevano parte della mia vita e la coloravano in diverse maniere e quindi mi sarei dedicata ai bambini sotto un'altra forma. Poi ho sempre avuto un po' questa maternità, mi dicevano che ero molto materna verso i miei alunni e quindi mi sono detta: «sarà questa la mia strada».

[Benedetta] – In realtà, poi, a un certo punto è arrivato questo dottore, mi ricordo a settembre ho detto: «ma se facciamo l'ultima visita, così da questo ginecologo della Brianza?» e invece lui mi ha detto: «guarda, tu prendi un integratorino, ma secondo me invece tu potresti». Io quella possibilità che comunque lui mi ha aperto, non so che cosa, però me la tenevo sempre lì, e a dicembre poi è successo. Da settembre a dicembre, e non penso che sia stato soltanto, ecco, l’integratore.

[Anna] – L’integratore!

[Benedetta] – Non so cosa si sia smosso. Comunque appunto a dicembre io rimango incinta. E rimango incinta con questa, appunto, gravidanza che è stata attesissima. Però io sto male, diciamo, fin da subito. Mia mamma e mia sorella avevano sofferto già e quindi io sapevo che un po' avrei potuto anch'io soffrire di quell'aspetto lì perché, appunto, noi soffriamo di gravidanza, adesso non mi viene il nome. Aiutami Arianna quando vomitiamo in maniera iper… 

[Anna] – Iperemesi gravidica.

[Benedetta] – Iperemesi, sì, esatto! Sul momento ho avuto un vuoto. E quindi, tra l'altro, con Camilla io poi dopo sono stata aiutata dall'agopuntura e quindi dai 7-8 mesi ho smesso di vomitare. Con Giorgio, invece, è andata avanti fino proprio alla sala parto. E quindi dai, così, tutte le mie due gravidanze sono state abbastanza vissute.

Una domanda ricorrente: «Ce la farò? Avrò il latte?»

[Anna] – E durante la gravidanza quindi di Cami, della prima, avevi già fatto dei pensieri sull'allattamento, avresti voluto allattare?

[Benedetta] – Durante il corso preparto.

[Anna] – Sì.

[Benedetta] – Sì, cioè durante il corso preparto avevamo fatto due o tre, diciamo, momenti in cui, appunto, ci avevano un po' raccontato delle diverse… forse era stato addirittura il primo? Tra i primi, comunque, di questa possibilità, però io ho detto: «senti dai, io quel tentativo lo vorrei fare». 

[Anna] – E invece ti eri fatta la domanda all'inverso, tipo se questa cosa magari non va, cioè avevi provato a vederla anche dall'altro lato, già nella fase di attesa? 

[Benedetta] – No.

[Anna] – Ok.

[Benedetta] – Perché io sono una molto testarda.

[Arianna] – Determinata.

[Benedetta] – Esatto, e quindi quella possibilità lì… Allora,  diciamo che poi magari io il fallimento lo vivo quando…

[Anna] – Ci sei dentro.

[Benedetta] – Come in uno scontro, esatto. Però in quel momento mi ero detta: «io faccio di tutto!». Addirittura avevo scelto l'ospedale, sai quando ti informi per i vari ospedali, un ospedale che sapevo mi potesse accompagnare bene in quella fase lì, perché mi avevano detto anche che i primi momenti comunque erano abbastanza fondamentali anche e quindi mi sono informata con tutte le mie amiche, poi sono andata, ho chiesto perché volevo essere aiutata.

[Anna] – Certo che è importantissimo. E mi piacerebbe già far intervenire Arianna su questo aspetto. Perché uno dei timori che spesso emerge durante la gravidanza rispetto all'allattamento è la domanda “ce la farò?", ma anche “io avrò il latte?”. Perché questa è una domanda insomma che continuiamo a farci.

[Arianna] – Assolutamente. Sì, sì. È una domanda estremamente ricorrente. Perché mi vien da dire ricorrente? Perché viviamo in una società dove l'allattamento ha dei tassi bassissimi. Se noi andiamo a vedere i tassi di allattamento esclusivo a sei mesi – “esclusivo” significa un bimbo allattato solo con il latte di mamma, tanto per capirsi, come l'Organizzazione Mondiale Della Sanità ci indicherebbe – i tassi di allattamento sono bassissimi a sei mesi, sono all'incirca attorno al 30%. Quindi vivendo il mondo e la società in cui ci ritroviamo, ci rendiamo conto che molte mamme non riescono in questa cosa, pur magari avendo il desiderio. Quindi, indipendentemente dalla scelta che ci sta alle spalle, in tante partono e in poche arrivano. E quindi è lecito che nella nostra testa si crei questa domanda, “ce la farò? avrò il latte?”. 

[Arianna] – E se andiamo a vedere la potenzialità fisica di una donna, in realtà è molto discordante rispetto a questo tasso di allattamento, nel senso che la cosiddetta ipogalattia, ovvero la condizione in cui non riesco a produrre latte o non riesco a produrne a sufficienza, dovrebbe riguardare il 3% delle donne.

[Anna] – Ok, è una cifra bassissima.

[Arianna] – Esatto. Invece abbiamo capito delle cifre di allattamento molto diverse.

Allattamento: il nodo culturale e sociale

[Arianna] – E dove sta a sto punto il nodo della questione? Eh, il nodo della questione sta nel fatto che non siamo ad oggi in una società formata nell'accompagnare le donne in questo percorso perché, come spesso dalle storie esce, non è un percorso semplice e ha bisogno di un sostegno e di estrema competenza. Purtroppo ancora a livello di professionisti, ed è questo uno dei nodi di fatica maggiori, non si parla la stessa lingua. Questa cosa manda in tilt le mamme e le coppie in un momento particolarmente vulnerabile. Non so se ti ritrovi adesso, magari nella tua storia, Benedetta, ce lo dirai. 

[Benedetta] – Mi sono venuti in mente dei flash!

[Arianna] – Il non ricevere, purtroppo, dei messaggi univoci, crea confusione.

[Anna] – Crea confusione.

[Arianna] – Fa sì che veramente non riusciamo a capire, a trovare la strada. Quindi una delle fatiche è proprio questa, la mancanza di cultura dell'allattamento, cultura che manca nei professionisti, e cultura sociale.

[Anna] – E anche di generazione, forse posso aggiungere. Perché io non so quante mamme nostre, quindi diciamo “vecchia generazione” che dice: «eh no, io non avevo avuto il latte, per questo non sei stata allattata al seno». 

[Arianna] – Esatto. Quindi è proprio, arriviamo dal periodo in cui si sono toccati i tassi più bassi in assoluto di allattamento al seno, quindi “non ci appartiene”. Io alle mamme e alle coppie che incontro racconto sempre questo aneddoto che mi è capitato seguendo una donna di origine africana che ha partorito qua in Italia. Ha avuto tutta una serie di difficoltà perché ha una storia, adesso poi ce la racconterai, ma simile alla tua Benedetta. E questa donna mi diceva “io quando chiamo in Africa la mia mamma e le dico: «mamma, non riesco ad allattare!», la mia mamma dall'altra parte del telefono mi dice: «com'è possibile?»”.

[Arianna] – Nel senso, questo ci dice che è un fatto culturale, cioè una donna in Africa, probabilmente anche non avendo alternative, e avendo vissuto per tutta la sua vita questa dimensione di allattamento come un qualcosa di chiamiamolo “normale”, ok? Ha tutta una parte di sapere, di sapere che si porta a casa osservando, vivendo, eccetera, e di cultura che fa sì che questa cosa avvenga.

Noi non vediamo allattare, non sappiamo cosa significa allattare, non entriamo in relazione con questa cosa e questa cosa fa sì che questa strada spesso diventi una strada difficile da percorrere.

[Anna] – In salita, giusto. 

[Anna] – Benedetta, volevi aggiungere i due flash che hai avuto?

[Benedetta] – Sì, mi sono venuti in mente due flash. Cioè, il primo è che la mia mamma, mi ricordo, che è riuscita, noi siamo quattro figli, poi ce ne sono stati due in affido. Lei dice che con tutti e quattro, lei vabbè ha avuto delle storie diverse, ma è riuscita ad allattare soltanto tre e comunque prima ai suoi tempi lei diceva che le ostetriche che l'hanno seguita le hanno detto più di due, massimo tre mesi non puoi allattare. 

[Arianna] – Certo.

[Benedetta] – Perché poi il tuo latte non è più nutriente. Quindi anche lei diceva: «io posso aiutarti, sì, ma io so questa cosa qua, quindi fino a un certo punto». E poi proprio per l’iperemesi gravidica, io avevo perso molto peso e non ho mai avuto un seno abbondante e quindi mi ricordo che amiche e parenti così mi dicevano: «guarda che…» cioè loro già: «eh tu vorresti allattare?». Io dicevo: «sì, mi piacerebbe provare!» così, e loro mi dicevano: «eh sì, però dai, poco seno…» piuttosto che quello io lo sapevo che poteva essere una condizione, nel senso che di fatto avendo perso tantissimo peso cioè, comunque sarebbe stato difficile.

[Arianna] – Certo, certo. In un corpo provato.
[Benedetta] – Eh sì. Sì,sì.

Le dimensioni del seno non contano, conta il cambiamento

[Anna] – Faccio una domanda veloce. Il tema della dimensione del seno, incide sì o no?

[Arianna] – Brava. Allora, se uno prende un manuale d'allattamento, la cosa che c'è scritta è “i seni grandi sono una sfida”. Ok, ribaltiamo il paradigma! Quindi un seno copioso è molto di difficile gestione. Un seno piccolo invece può produrre tutto quello che serve al nostro bambino. La cosa da guardare non è tanto grande o piccolo, ma se quel seno si è modificato in gravidanza, questo è il segnale da tenere in considerazione e che dovrebbe essere chiesto. Il tuo seno in gravidanza è cambiato? Perché è la gravidanza che fa sì che il seno, usiamo il termine, “maturi”, ok?

[Anna] – Si adatti.

[Arianna] – Che arrivi alla produzione di latte! E allora il cambiamento del seno in gravidanza è uno dei primi indici che le cose stanno funzionando, indipendentemente dalla grandezza. Mi preoccupa un seno che non si modifica, ok? O seni con forme particolari, particolarmente stretti alla base, molto distanti. Allora lì ci vanno a raccontare probabilmente uno dei reali casi di ipogalattia. Di una mammella che non ha avuto nel percorso della vita di quella donna una… aiuto, mi sto incastrando! Una regolare evoluzione.

[Anna] – Certo. Beh, abbiamo già ribaltato un preconcetto. Ti hanno fatto quindi a te quella domanda: «è evoluto, è cambiato il tuo seno?».

[Benedetta] – No, non me l'hanno fatta. Eh, però io ho iniziato a vedere le stelle, diciamo, abbastanza fin da subito.

[Anna] – Sì. Raccontami adesso, torniamo alla tua storia.

Quando ti senti tu quella “sbagliata”

[Anna] – Raccontami quindi la gravidanza un po' impegnativa.

[Benedetta] – Impegnativa. Il parto incredibilmente bello. 

[Anna] – Oh, raccontiamolo! 

[Arianna] – Menomale!

[Benedetta] – Vabbè, ovviamente doloroso. E anche lì io volevo provare senza epidurale, per una serie di motivi. E quindi, diciamo che, in realtà, anche senza epidurale, ho in mente che è stato un momento doloroso. Però l’ho scoperto dopo, forse essendo stata “graziata” dal fatto che ho una soglia del dolore molto alta. Sia mia sorella che mia mamma, anche loro hanno avuto delle storie simili alle mie, cioè i parti non sono mai stati dolorosissimi, come ricordo anche, poi non so cosa funziona nel cervello, però quei momenti lì perché poi so che maschera un po' il cervello. 

[Anna] – Esatto, un po’ si dimenticano, ma va bene.

[Benedetta] – Però vabbè dai, il parto, diciamo, comunque un bel ricordo, più con Camilla che con Giorgio. Perché Giorgio era prematuro, quindi era molto alto, quindi ho impiegato 12 ore di travaglio, quindi è stato un po' impegnativo, con lui di più. Però, appunto, mi danno questa bambina, il contatto, le prime ore, eccetera, e poi appunto, provano ad attaccarmela, ma io lì ho iniziato a vedere proprio “le stelline” e queste stelline, cioè comunque questo dolore, io pensavo che fosse iniziale, quindi ho detto: «è un po' il momento, devo stringere i denti», eccetera.

[Anna] – È “normale”.

[Benedetta] – E quando me la posizionavano, Camilla – perché appunto Camilla era piccola –  allora io ero sottopeso. Camilla era piccola, ma avevo tantissimo latte. E Cami nonostante fosse piccolina, aveva una voracità…

[Arianna] – Eh, doveva acquistare il peso, cucciolotta. 

[Benedetta] – I figli, esatto, nella vita si sono tutti manifestati come bambini molto voraci, eh, nonostante la partenza un po' in meno. Quindi io veramente avevo questa bambina che aveva una fame… Io avevo tanto latte, dici: «combinazione perfetta?», no! Cioè io veramente penso che tutto il dolore che non ho sentito al parto e che non posso magari dirti del parto, io l'ho sentito per i 5 mesi dopo, 5-6 mesi dopo.

[Benedetta] – Ed era un dolore che un po' mi metteva a disagio perché, allora, le mie amiche, io vedevo magari le ragazze che anche erano magari in camera con me, così, e lo avevano all'inizio, magari prima, i primi giorni così, poi una volta che partiva l'allattamento, partiva. E invece (a me) continuava, continuava. Io mi vergognavo perché dicevo: «ma forse c'è qualcosa che sbaglio io? Forse sono imbranata io a posizionarla? Forse…» e mio marito, lui lì è stato preziosissimo perché lui invece diceva: «guarda che cioè non puoi piangere tutte le notti, tutte le volte che la allatti, facciamo qualcosa». E quindi appunto, o mi spingeva ad andare in consultorio o diceva “chiama l'ostetrica”. Però anche lì io non ero proprio libera, per cui quando loro mi posizionavano la bambina e mi facevano vedere che… io lì effettivamente quel dolore – c'era sempre eh – ma non era così acuto.

[Benedetta] – Quando loro se ne andavano io ripartivo uguale a prima, anche se cercavo, “e mettila lì”, “e deve avere la bocca spalancata”, cioè mi ricordo tutto. 

[Anna] – Tutto il manuale del “perfetto attaccamento”.

[Benedetta] – Sì, sì. Il manuale me lo ricordo. Però comunque faceva malissimo.

[Anna] – Il dolore continuava. Ma quindi tu l'avevi identificato come un dolore che derivava da un attaccamento che non era fatto bene? Cioè riuscivi a identificare, a circoscrivere quel dolore?

[Benedetta] – Ma io mi dicevo, se fosse stato il seno me l'avrebbero detto, cioè comunque mi avevano visto in centosettanta!

[Anna] – Un caso pubblico. [ridono, ndr]

[Benedetta] – Cioè, adesso per dire pudore, io veramente non sapevo…

[Anna] – Lì, lì perdiamo… Vabbè, ma va bene, ci sta, parte del gioco!

[Benedetta] – E quindi a un certo punto mi sono detta: «Giulio, boh, cioè sarà tutta una serie di robe, è così». 

[Anna] – È così.

[Benedetta] – E poi lui bravissimo, alcune volte riusciva – nonostante lui abbia un lavoro che un po' lo porta a destra e manca – però a esserci con le ostetriche in quei momenti e quindi guardava per cercare di aiutarmi poi ad attaccarla. E però appunto poi, anche lì, se tu pensi a quanto viene allattato un bambino chiaramente non poteva esserci in tutti i momenti. 

[Anna] – Certo.

[Benedetta] – E però andava sempre in farmacia, mi ricordo a prendermi questo e quello, a spendere tanti soldi in creme, cremine, cremette, eccetera. E vabbè, abbiamo provato un po' di tutto, fino a quando, appunto, io ho detto comunque anche qua 5 mesi, non sento nessuna delle mie amiche…

[Anna] – È sempre così.

[Benedetta] – Quindi proprio lo sapeva Giulio e basta. Perché a un certo punto ho mollato anche tutti quelli che all'inizio magari erano gli aiuti che sai che ci sono, che si offrono, perché dopo un po' uno dice "vabbè partirai" e invece non partiva.

Nutrire chi nutre: i tre gradi di sostegno

[Anna] – Questo è un tema importante perché qui parliamo di sostegno che, ovviamente, grazie a tuo marito c'era eccetera, però c'è un po' una rete che andrebbe attivata o dovrebbe essere a disposizione di queste mamme. Quanto è importante quindi questa rete? Come può incidere positivamente per aiutare l'avvio dell'allattamento? Senza dolore.

[Arianna] – Senza dolore. Sì, sì, sì. [ridono, ndr] Infatti sto pensando a questa rete che ecco, ogni tanto la quadra si fa fatica a trovarla. Ecco, diamo anche voce a questa fatica che penso che sia una fatica di tante donne. Spesso la si trova, ogni tanto si fa un po' fatichina. Ad oggi c'è tutta una serie di evidenze che ci spostano l'attenzione, adesso sto uscendo un po' fuori tema, ma mi viene da agganciarlo, ci sposta un po' l'attenzione su tutto quello che può essere la parte di disbiosi.

[Arianna] – Si vede che spesso e volentieri i dolori sono legati in realtà a una flora batterica all'interno della mammella non corretta, quindi a una situazione magari di infiammatoria subacuta. Quindi si sta aprendo un po' tutta una nuova frontiera sul dolore in allattamento, perché tante volte sistemi l'attacco, sistemi una cosa – anche se da come hai raccontato l'attacco poteva essere un po' la quadra, nel senso – però si sta veramente allargando lo sguardo su quella che è la gestione del dolore. 

[Arianna] – Detto ciò, eh il sostegno è fondamentale, fondamentale. Dove vogliamo andare senza sostegno? Noi abbiamo perso – ritorniamo alla signora in Africa – abbiamo perso un po' questa parte che in altri popoli si vive molto ancora, no? Questa parte di condivisione del sapere femminile, questa parte di camminare insieme, siamo in una società in cui, per come è costituita, ci troviamo molto sole. Ed è una tema impegnativo quello della solitudine nel puerperio, quella della donna sola ad affrontare questa montagna di sentire, proprio, e di cose anche materialmente da fare. Quindi un discorso come l'allattamento va avanti se c'è il villaggio, mio e di Anna [ride, ndr] e non solo, molto amato. 

[Arianna] – Recentemente è uscito un documento molto importante che si chiama 4e-Parent, che mette al centro il ruolo del partner in tutto quello che è l'accudimento del bambino, ma soprattutto ci va a parlare proprio di come un partner accanto cambia le sorti di quell'allattamento. E si è visto in questo studio che quando c'è un partner che condivide il percorso, fa quello che ha fatto tuo marito, che è fantastico! Osservo e da fuori ti dico: «no, attacca così, attacca cosa più su, più giù…» ok? Quindi non è solo un sostegno mentale, è un sostegno di alleggerimento di tutto quello che c'è prima e dopo l'allattamento, è un sostegno proprio pratico: ti metto il cuscino, ti passo lo sgabello…

[Anna] – L’acqua!

[Arianna] – Esatto! È un sostegno che nutre, ok? Nutrire chi nutre. Quindi è un sostegno che si preoccupa di darti da mangiare eccetera. Fa la differenza. 

Le donne sostenute allattano per più tempo e per più tempo in maniera esclusiva.

[Arianna] – È un numero, questo ce l'abbiamo. Quindi, primo sostegno nella famiglia, secondo sostegno lo allarghiamo al resto della famiglia, che però deve parlare la nostra stessa lingua. Ce lo siamo dette prima, arriviamo da una generazione che non ha allattato e allora bisogna, a mio parere, dare dei compiti molto chiari a questa generazione che non conosce questo pezzettino di storia. Quindi preziosissimi nonni, zii, amici, eccetera, ma con un compito ancora lì di nutrire e sostenere i neogenitori in modo tale che i neogenitori si possano prendere cura del loro bambino. È questo il loro compito.

[Arianna] – Quindi questa rete che contiene, che sostiene, che alleggerisce, ma che non si deve intromettere e su questo bisogna un po' patteggiarlo prima e far sì che anche chi è accanto nostro, al nostro partner, ci aiuti un po' in questa tutela del nostro imparare a far mamma, papà, genitori. Abbiamo bisogno di un tempo per imparare a far questa cosa, per imparare ad allattare, per imparare. Quindi sicuramente sostegno, ma con una delicatezza da parte di chi sostiene. E infine, se ci sono problemi, sostegno competente, su questo non ci sono dubbi. Bisogna andarsele a cercare queste persone e bisogna andarsele a cercare prima.

IBCLC, Lega del Latte e mamme peer counselor

[Anna] – Questo è un altro punto fondamentale.

[Arianna] – Sì.

[Anna] – Perché al corso preparto ti possono parlare di come funziona l'allattamento, che idealmente sarebbe bello allattare, però crearsi la rete dove? La domanda è, dove trovo? 

[Arianna] –  Allora, uno: guardare il territorio che si vive. Poi i territori italiani non sono tutti uguali, però osservare le risorse che ci sono dai consultori alle associazioni ostetriche e quindi ogni territorio ha un suo…

[Anna] – Punto di riferimento.

[Arianna] – Punto di riferimento. Quindi informarsi in gravidanza su dove andare, subito, nell'immediato. Ad oggi, perlomeno qua a Milano, nel momento della dimissione ti danno un fogliettino in mano con gli agganci. Gli agganci logicamente di quali sono i consultori familiari, però intanto hai qualche puntello. Poi esiste la comunità di quelle che sono le consulenti dell'allattamento che si chiamano IBCLC e quindi, eventualmente, dal sito si può andare a ricercare le consulenti presenti, sono divise per regioni, anche lì andare a trovare persone che hanno fatto dei percorsi di formazione importanti e anche duraturi, che sono esperte in allattamento, quindi queste persone possono essere un grande sostegno. 

[Arianna] – Così come, sembra corretto citare, quindi anche la Lega del Latte che invece ha tutta una parte di consulenti di primo, diciamo, intervento, che sono mamme formate sull'allattamento, così come le mamme peer [counselor, ndr]. Esistono veramente tante persone che sanno qual è il loro compito, dove poter arrivare e se, oltre quel compito, non possono arrivare, mandare all'aggancio successivo. Però questa cosa non posso farla quando ho un bambino attaccato al seno, il dolore e i punti, e via dicendo. È una preparazione che va fatta prima.

[Anna] – Prevenire.

[Arianna] – Prevenire!

Il latte: un tessuto che può essere donato

[Anna] – Torniamo alla tua storia, Benedetta. Siamo rimasti quindi, allora, sostegno di Giulio fondamentale con Cami.

[Benedetta] – Sì con Cami. Sono due storie diverse Cami e Giorgio, eh, completamente. E però, appunto, dopo il quinto mese io non so dire bene cosa sia successo.

[Anna] – Passato tutto, qualcosa è cambiato?

[Benedetta] – Mi sono accorta che pian piano all’attacco il dolore ha iniziato a venir meno, a scemare. E io sono andata avanti ad allattare praticamente fino a un anno, fino a che Cami non ha avuto un anno. Poi lì, un po' egoisticamente, però non potevo neanche fare diversamente, nel senso che c'era stata un'estate in cui avevo sofferto particolarmente il caldo. Cami comunque a quel punto era una bambina grossa, tra l'altro lei lo svezzamento aveva fatto fatica perché lei adorava il latte, voleva sempre questo latte, sempre questo latte…

[Anna] – Eh beh!

[Benedetta] – E quindi io, tra l'altro era lì che avevo anche iniziato a conoscere la Banca del Latte, alla Mangiagalli, perché avevo tantissimo latte, che poi è stato utilissimo con Giorgio, perché invece Giorgio era nato prematuro. Faccio poi spoiler

[Anna] – Spoiler.

[Benedetta] – Spoiler, esatto. Giorgio è nato prematuro, e mi hanno stimolato il seno molto perché dovevo allattarlo. Lui lo allattavo con la siringhina ai tempi.

[Anna] – Certo.

[Benedetta] – Quindi tra l'altro proprio non sentendo, all'inizio perché avevo il tiralatte, quindi non sentivo proprio nessun tipo di dolore. E mentre, mi ricordo, ora mi è venuto un flash, con Cami quando usavo il tiralatte, anche il tiralatte mi faceva male.

[Arianna] – Eh vedi c'era qualcosa che non funzionava.

[Benedetta] – Quindi forse lì… Esatto. Boh, chissà che cosa. E comunque appunto poi anche con Giorgio io ho avuto sempre molto latte, nonostante, appunto, dicessero: «ah hai poco seno, ma tantissimo latte!».

[Anna] – Ma infatti volevo farti proprio una domanda sulla Banca del Latte. Intanto spieghiamo che cos'è, perché anche qua non diamo per scontato nulla.

Che cos'è la banca del latte?

[Arianna] – Ah, bella questa domanda. Allora, partiamo da che cos'è il latte, che di solito non lo si sa, nel senso: è un tessuto.

[Anna] – Ah!

[Arianna] – Ok? Come il sangue. È un tessuto e come tutti i santi tessuti, può essere donato, così come facciamo la donazione del sangue, e può essere donato per persone che ne hanno bisogno. La Banca della Latte è una banca dove appunto donne, come Benni, che hanno una buona produzione, anzi una sovrapproduzione rispetto a quello di cui ha bisogno il proprio bambino, possono dare il proprio latte che viene utilizzato logicamente in casi particolari. Funziona solitamente che si fanno degli esami…

[Benedetta] – Tanti esami, sì, sì.

[Arianna] – Esatto. Si fanno degli esami. Si guarda tutto, appunto, l'assetto immunologico della mamma. Solitamente tu hai una quantità minima richiesta di latte da donare. Dovrebbe esserci un camioncino che viene a casa, ti recupera il latte.

[Benedetta] – Sì, sì.

[Arianna] – Lo porta in questa banca dove viene analizzato, pastorizzato.

[Anna] – Non devi neanche andare in ospedale?

[Arianna] – No. E viene miscelato con il latte di altre mamme. Perché miscelato con il latte di altre mamme? Perché il latte cambia durante il periodo dell'allattamento e quindi per creare un latte, diciamo, un po' universale, che può andar bene al bambino piccolo, al bambino di 3 mesi, al bambino di 6 mesi, essendo che appunto il latte di quelle mamme è diverso, viene appunto miscelato. A quel punto, surgelato e utilizzato nelle terapie intensive – il primo punto dove il latte donato viene utilizzato. Un bimbo di una terapia intensiva, nei giorni in cui la sua mamma si organizza per far partire il corpo e per iniziare la produzione di latte, non riuscirebbe a gestire un latte in formula. E quindi lì viene utilizzato, viene chiesto ai genitori se va bene, e viene utilizzato il latte donato.

Donare il latte: una storia di generosità

[Anna] – Questa cosa della banca del latte poi, tra l'altro, è una bellissima storia di generosità perché comunque è una fatica anche donare il latte. Mi confermi? Come ti sei organizzata tu?

[Benedetta] – Allora appunto io avevo molto latte e a un certo punto Giorgio mi sono accorta che ne utilizzava di meno rispetto a quello che il mio seno ne produceva. Quindi quando lui ha iniziato a prendere proprio direttamente dal seno, e non dovevo più con le siringhine allattarlo eccetera. Pensa che la mia nonna, quindi la bisnonna di Giorgio, mi ha detto: «senti, ma io ho sentito, ho letto sul giornale che alla Mangiagalli fanno tutto questo servizio».

[Anna] – Che avanti la nonna!

[Benedetta] – E quindi io sono andata a cercare ed effettivamente ho visto questa possibilità. Ho chiamato, mi hanno fatto fare sì, all'inizio è un po' una trafila, perché appunto allattare, intanto fare gli esami, però vabbè. 

[Anna] – Certo. 

[Benedetta] – Dai, ci si organizza. E quello a me inorgogliva tantissimo.

[Arianna] – Eh sì!

[Benedetta] – Cioè pensare che il mio bambino era prematuro, cioè era stato prematuro, quindi io capivo un po', che noi non eravamo stati in terapia intensiva, però io potevo capire quello che vivevano quei genitori. 

[Anna] – Quei genitori che avevano bimbi in Tin. [Terapia intensiva neonatale, ndr]

[Benedetta] – Pensare di poter essere utile cioè, a me riempiva il cuore di gioia, quindi tutti i giorni quel latte che mi toglievo e che poi congelavo, che curavo, poi queste persone che venivano a ritirarlo eccetera. Appunto ci si organizzava, perché c'erano delle settimane in cui potevi donare di più, altre settimane che… Però a me inorgogliva, cioè sapere che nel mio piccolo, anche in quella casa che appunto magari tu vivi anche un po' quella solitudine, quel dire: «oddio, tutte ‘ste giornate tutte uguali!» eccetera, e invece poter essere utile con quel particolare lì e nel silenzio, se vuoi, della tua casa, nell’arrivare così lontano ad aiutare così tanti. 

[Anna] – Bellissimo.

[Benedetta] – Mi riempiva il cuore di gioia e quindi era una cosa che io ho fatto con tanto piacere.

[Anna] – Bellissimo. Infatti è un gesto molto bello e siccome ha senso parlarne proprio anche per diffondere questa cultura, che secondo me non è così conosciuta.

[Arianna] – E spaventa sempre un po' il lato fatica, perché oggi si contestualizza in un momento in cui le fatiche sono già tante.

[Anna] – Già tante, certo.

[Arianna] – Quindi ogni tanto quando vedi che lo proponi a qualche mamma ha sempre un po' la paura di un'eccessiva richiesta di impegno. E però io penso che appunto poi il ritorno sia un… 

[Benedetta] – Sì, sì. Poi adesso mi ricordo che poi alla fine ti fanno come un “report” di tutto il latte che hai donato e dici: «no vabbè, ma è incredibile!».

[Anna] – Bellissimo! Eh, ti dovrebbero dare anche una bella medaglia.

[Benedetta] – No, vabbè, non medaglia, ma guarda che qua come tutte le volte che tu fai che doni qualcosa, poi alla fine sei più contenta. 

[Anna] – Che è il concetto del dono, funziona in questa direzione!

[Benedetta] – Sei contenta forse più tu di quello che riceve, delle volte.

Ogni parto a sé, ogni figlio a sé

[Anna] – Bellissimo. E quindi di Giorgio, che un po' hai spoilerato un po', intanto dimmi se ci sono state delle differenze.

[Benedetta] – Sì. Mio marito mi aveva anche detto: «guarda, Benni, come ti ho detto la prima volta, anche adesso…», mi fa: «io sono serenissimo, ti sostengo in ogni tua scelta», però lui che sa che sono una testona mi fa: «non incaponirti come le altre volte, cioè se vediamo che va bene, va bene». Mi fa: «adesso hai un'altra bambina piccola di 2 anni, hai un lavoro che Instagram, per quanto sia bellissimo, comunque è un lavoro che non finisce mai».

[Anna] – Certo.

[Benedetta] – Quindi mi ha detto: «umani, cioè dove arriviamo, arriviamo, sennò…». E anch'io, infatti, forse con lui che continuava con questo mantra “se ce la fai o no”, e però ero appunto pronta al fatto che fosse la stessa cosa.

[Anna] – Esatto. L'aspettativa era quella. 

[Benedetta] – All'inizio vedevo i sorci verdi e poi dopo col tempo magari sarebbe andata meglio. Invece Giorgio, mi danno questo esterino di 1,8 Kg. Piccolo!

[Anna] – Mini.

[Benedetta] – Adesso se vedo le foto dico ma i bambini che vedo adesso sono dei giganti, quelli di 3 chili. Gli andava tutto grandissimo, tutti i vestiti. E invece lui poi appunto anche in come si attaccava era proprio delicatissimo, quindi cioè proprio succhiava poi si addormentava, succhiava e si addormentava!

[Anna] – Eh sì, certo.

[Benedetta] – Che fatica! [Ride, ndr]. Ricordo che con lui facevo proprio le giornate ad allattare.

[Anna] – No stop.

[Benedetta] – E forse il periodo più bello è stato quando eravamo in ospedale, perché in ospedale di notte mi dicevano: «ti togli il latte, poi ci pensiamo noi». E io quando avevo qualcun altro che di notte…ho detto: «sarà un periodo della vita, poi tornerò a casa e ci sarò io». Però…

[Anna] – Però l'aiuto ci sta riceverlo, eh, che anche qui ci facciamo prendere anche dal senso di performance costante, invece è bello anche accettare l'aiuto.

[Arianna] – Assolutamente.

[Benedetta] – Sì. E quindi niente, appunto, Giorgio andava un po' avanti così con questo latte tirato, siringhine durante il giorno, lentissimo, eccetera, però non mi faceva male. Cioè io lì ho detto: «ma chissà che cosa sarà successo? Chissà perché lui è così diverso dalla prima gravidanza?». E quindi poi dopo anche lui, appunto, quando è partito invece è stata proprio un'altra storia. Anche perché un po' con la bambina piccola, quindi io allattavo anche al parco, allattavo ovunque, non avevo male, quindi non è che dovevo trattenermi e sudar freddo, perché con lui era proprio tutta un'altra storia. 

[Anna] – Storia.

[Benedetta] – E infatti, come dicono il parto, le gravidanze…

[Anna] – Ogni parto a sé.

[Benedetta] – Ogni parto a sé, ogni figlio a sé, che tu dici: «mah, non lo so, eh», poi quando lo vivi dici «eppure è vero!». Poi non so se con i miei figli, sia con una che con l’altro, in realtà, l’unica storia comune è la fine.

[Anna] – Mh, dicci.

[Benedetta] – Perché sembrava quasi che fosse una decisione sia mia, cioè con Cami, appunto, l’eccessivo caldo eccetera, però anche lei a un certo punto lo svezzamento è partito, lei ha iniziato veramente a mangiare – non come faceva i mesi prima – quindi basta, anche quella cosa lì è partita. E così anche Giorgio a 8 mesi, quando io veramente ero stanca, ma forse stanca proprio per il contesto della vita, perché comunque io sono sempre con questi bambini, ho un po' l'aiuto di mia mamma, una babysitter, però di fatto ci sono io, cioè sono io quella… e quindi a 8 mesi ero veramente stanca. E tra l'altro invece Giorgio lo svezzamento era proprio anche partito bene eccetera. 

[Anna] – Andato liscio.

[Benedetta] – E mi sarebbe piaciuto andare un po' più avanti, però ero stanca.

Il filo bianco che ci lega

[Anna] – Ti faccio un'ultima domanda, Benni. Ti va di regalarci, di condividere con noi una parola per definire la tua storia o le tue storie di allattamento? Quindi possono essere due, visti i due bimbi? 

[Benedetta] – Allora, da una parte diverse e sorprendenti. 

[Anna] – Diverse e sorprendenti. 

[Benedetta] – Sì, sì, con tutta l'accezione, diciamo, sia positiva che negative, cioè sorpresa, impattanti proprio.

[Anna] – Bello, bellissimo, grazie. 

[Benedetta] – Grazie a te. Grazie a voi.

[Anna] – E mi rivolgo allora ad Arianna, dopo aver ascoltato la storia di Benni, quali spunti possiamo raccogliere per chi si sta preparando a vivere una storia di allattamento o chi sta attraversando questa fase di vita?

[Arianna] – Gli spunti sono sempre molteplici. [Ridono, ndr]

[Anna] – Sai che, facci una selezione. 

[Arianna] – Allora, mi viene da selezionare, visto che abbiamo un po' toccato, il concetto del mito-verità. Abbiamo capito, quindi, questo impatto culturale della nostra società sull'allattamento e quindi anche banalmente, l'hai detto molto bene, “seno piccolo, poco latte”, “non riuscirai”... quindi rendersi conto che come un po' tutte le storie, anche le storie di allattamento sono infarcite da un sacco di miti e da un sacco di non verità. Ok? Quindi interrogarsi un pochino e uscire un pochino da queste…

[Anna] – Frasi dette.

[Arianna] – Frasi dette che non portano a nulla. Quindi la prima riflessione è questa. La seconda riflessione: mi è piaciuto molto il discorso della cura e quindi pensare che l'allattamento è la prima forma di cura che abbiamo nei confronti del nostro bimbo. È non solo nutrizione, è legame, è crescita, è pelle, è sguardi e odore. Quindi in questo atto si va a veramente concretizzare la forma di cura materna più forte in assoluto. E questa cura in questa storia è diventata anche cura degli altri, per gli altri, e quindi mi piace pensare un po', il latte viene definito un po' questo filo, questo liquido bianco, questo oro che lega le persone e che quindi ci sia stato un legame di latte anche con altre persone. Quindi il non guardare soltanto noi stessi, ma avere anche un occhio che si apre in là.

[Anna] – Con il “nutrire chi nutre” che dicevi prima che è stata un'immagine molto bella.

[Arianna] – Nutrire chi nutre, esatto. E chi nutre, nutre anche qualcun altro. 

[Anna] – Assolutamente.

[Arianna] – Bellissimo. E quindi nutrire un po' la nostra comunità. E l'ultima cosa che mi viene da dire è: aprirsi al nuovo, che si ri ricollega al tuo “diverse e sorprendenti”. Ed è quello che auguro sempre alle mie mamme quando vengono a fare il corso del secondo, per prepararsi secondo figlio, terzo eccetera. Apriamoci al nuovo. Quella persona che avremo di fronte, sarà una persona diversa, sarà una storia diversa. Certo è che in quella storia ci porteremo delle competenze, delle conoscenze, noi stesse diverse, perché inevitabilmente la gravidanza prima e la storia precedente ci ha trasformato.

Il diventare genitori ci mette sempre di fronte a un'apertura, un qualcosa di nuovo e di unico e di irripetibile. 

[Anna] – Grazie. Approfittiamo di questi cambiamenti che ci vengono offerti. Sempre sono occasioni.

[Arianna] – Assolutamente. 

[Anna] – E grazie Arianna, Benni, è stato un piacere avervi.

[Benedetta] – Grazie veramente, davvero.

Credits

Grembo, racconti di pancia” è un podcast di Anna Acquistapace ed è sostenuto da Nidi Fioriti, un'iniziativa che coltiva l’alleanza tra scuola, famiglia e territorio, a partire dai più piccoli.

"Grembo, racconti di latte" è un progetto speciale dedicato all'allattamento, realizzato con Inglesina

Musiche © Pablo Sepulveda Godoy

Produzione video © Andrea Sanna
In questo episodio, Anna è stata ospite di Young Folks, che si ringrazia per l’accoglienza.

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